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sabato 15 ottobre 2011

CHIARA


Ciao”
“Ciao”, risposi asettica.
Ci mancava altro che chi  mi aveva rivolto il saluto,  accennando  un gran sorriso, intendesse imbastire una conversazione.
Non avevo nessuna intenzione di parlare, men che meno con una, da un rapido sguardo in tralice, quasi coetanea in vena di chiacchiere.
Ero appena uscita dallo studio del notaio che mi aveva convocato per annunciarmi che l’intero patrimonio, in immobili e denaro liquido, era stato assegnato a mia cugina, non si sa bene per quale ragione, o forse sì, pensai, con insolita cattiveria - senz’altro per i buoni servigi da lei recati negli  ultimi mesi della  lunga malattia della zia.
Ero indispettita e, in treno, durante il viaggio di ritorno, non riuscivo a contenere la stizza per la sorpresa inaspettata.
Mi sentivo osservata.
Evidentemente la mia vicina si era accorta del mio nervosismo e non passò molto che mi vidi passare sotto gli occhi una scatola di cioccolatini.
“Vuoi?” Mi sentii chiedere. Presi una pralina dal contenitore.
“Cosa ti è successo?” “Hai una faccia da funerale!”
Certo, ne aveva di coraggio la sconosciuta viaggiatrice.
Stavo per risponderle per le rime quando mi fermai davanti allo sguardo più limpido e il sorriso più accattivante che avessi mai incontrato.
Mi raccontò di sé, della sua vita, dei suoi sogni, dei suoi progetti. Le raccontai di me, e di quanto mi era accaduto. Era felice perché aveva appena ricevuto un’ottima notizia della quale non voleva parlare per scaramanzia ma mi disse che  di là a  due mesi...
Ero  compiaciuta e sorpresa per quella confidenza improvvisa, quel feeling che raramente scatta, dopo anni di conoscenza .
Ci salutammo, scambiandoci indirizzi e numeri di telefono con l’intenzione di rivederci.
Passarono due mesi. Avevo pensato spesso a Chiara e al suo sorriso contagioso.
“Quasi, quasi le telefono” mi dissi!
Feci il numero ma mi rispose una voce estranea, non era lei.
“Chiara?”
“Chiara?” - dall’altra parte.
“Sì, Chiara”,  pensavo rispondesse lei.
 “Ma lei chi è?”
“Un’amica,” risposi.
“Mi dispiace, ma Chiara… non c’è più”.
“Non ce l’ha fatta!” …E’ morta una settimana fa.

Sogno?






Pensavo e ripensavo a quel che avevo visto. Non volevo crederci ma la realtà era sotto i miei occhi. Cecilia e Paolo, insieme, seduti a un tavolino di un bar, nascosti alla vista  da una lunga siepe di corniolo, mani intrecciate, parlavano e ridevano, a me sembrava, addirittura, di sentirli.
“Serena…. chissà se ha intuito qualcosa, come la prenderà”…mentre gli occhi mi bruciavano per le lacrime che stentavano a uscire. 
Camminavo senza riuscire a liberarmi dal pensiero di loro due, insieme….così..senza una ragione.
Camminavo,  anzi  vagavo a vuoto da ormai troppo tempo in compagnia di quell’oppressione. 
 Finalmente a casa mi gettai sul letto e chiusi gli occhi. Immagini inimmaginabili si sovrapponevano a quelle felici, sicurezze  ormai vacillanti, misere bolle di sapone.
Non so quanto rimasi sospesa tra sonno e veglia. Sentivo freddo ma erano i brividi della mia anima squassata che si ripercuotevano sul corpo afflosciato, spento.
Farfugliai a stento qualche parola incomprensibile, fino a quando un grido strozzato risuonò nella stanza.
Nella penombra una figura si muoveva lenta, si avvicinò,  mi prese le mani, mi scosse e capii che si era trattato di un sogno, nient’altro che un terribile sogno! 


lunedì 29 novembre 2010

Destino




Amore inevitabile. Così strano, così impossibile, così sorprendente. 
Perché proprio quel pomeriggio, in quell’istante, in quel luogo? 
Perché davanti all’alto scaffale della libreria, di quella libreria, non un’altra? 
Perché, nell’estrarre un libro di poesie di Garcia Lorca, in punta di piedi per la notevole altezza nella quale era incastrato, in uno scatto improvviso il libro le era scivolato dalle mani facendole perdere l’equilibrio, tanto che se non fosse stato per lui avrebbe potuto rischiare di cadere?
Invece lui la sostenne e mentre le piantava in viso i suoi magnetici occhi scuri, abbozzando un sorriso, lei lo ringraziava dell’aiuto. 
 Anche lui era lì per la sua stessa ragione, l’amore per la poesia, e fu naturale disquisire su poesia classica, moderna, autori di ieri di oggi, declamando anche alcuni versi impressi nella memoria. 
Quanto tempo passarono in piedi a parlare, ascoltarsi, rispondersi, sfogliare quelle pagine sottolineando un verso, una metafora,   un’emozione scaturita all’improvviso? 
Era ormai quasi buio quando uscirono dal negozio, spossati dalla prepotenza di quella rivelazione improvvisa, muta. 
Tutto era scritto, tutto era decifrabile in quei volti illuminati, in quei corpi spossati dalla forza delle emozioni. 
Lei, lui, vicini per un imperscrutabile segno del destino che in quel momento stava segnando le loro vite. 
Lei, lui già lontani, separati da impossibili legami da spezzare, trovati e persi nel mare della vita.

martedì 16 novembre 2010

Incontro


Mattina di un giorno qualunque. 
Lei cammina nella nebbia avanzando tra refoli di nebbia, immagine indistinta fino all’incrocio sul ponte. 
Le cade un guanto, si china per raccoglierlo ma lui l’ha già in mano e glielo porge. 
Un sorriso, un grazie e per entrambi l’attesa è terminata. 
Quando era iniziata?
E’ lui, volto amato, da troppo tempo lontano, perso per capriccio del destino o è il frutto della sua immaginazione, evocazione della mente, nelle lunghe notti insonni, lo sguardo a fissare un punto indistinto dello spazio, a dare forma a quello che non c’è.
Camminano lentamente, vicini, senza parlare, estranei e intimi, grondanti di emozioni e desideri inespressi. 
Nel palpabile silenzio a dare voce a inquietudini passate la mano di lui afferra la sua, la stringe, le dita si intrecciano in un tacito consenso, i palmi aderiscono, non c’è bisogno di parole.